Acque di prima pioggia

Il trattamento delle acque di prima pioggia prevede un trattamento preliminare
di grigliatura, dissabbiatura e disoleatura. Tramite apposito manufatto, le acque
di prima pioggia vengono, poi, immesse in un’apposita vasca detta appunto
“vasca di prima pioggia”. Tale vasca permette di trattare le prime acque meteoriche
in arrivo all’impianto, che sono le maggiormente inquinate, prima di
immetterle nel recapito. In questo modo, si cerca di assolvere allo scopo di contenere
al massimo l’inquinamento del corpo d’acqua ricettore. Pertanto, le funzioni
principali che una vasca a pioggia deve assumere sono:
– accumulare temporaneamente le prime acque meteoriche, che sono molto
inquinate, perché “puliscono” praticamente le strade e i piazzali;
– devono permettere, durante il loro temporaneo stoccaggio, la sedimentazione
delle sostanze solide.
Durante il normale esercizio, le vasche a pioggia sono generalmente tenute
vuote, in modo che entrino in esercizio solo in occasione di una precipitazione
di elevata intensità. Vengono poi lentamente svuotate per mezzo di pompe di sollevamento,
inviando il liquame e il fango raccoltosi sul fondo, ai trattamenti successivi.
Nei casi in cui interessi particolarmente salvaguardare il corpo d’acqua
ricettore, in impianti di adeguata potenzialità, si provvede ad accumulare il più
possibile le prime acque di pioggia, adottando due vasche in serie, delle quali la
prima funge da semplice vasca di accumulo che, una volta riempita trattenendo
le sole acque di prima pioggia, consente alle altre acque di pioggia in arrivo e
meno inquinate (acque di seconda pioggia) di riempire la seconda vasca che è
dotata di organi di sfioro che entrano in funzione quando, a vasca riempita, essa
si comporta da vasca di sedimentazione. Questa
disposizione consente di evitare che anche una piccola parte delle acque di prima pioggia,
le più inquinate, passi nel corpo idrico ricettore, anche se l’evento
meteorico continua per una durata considerevole. Le acque meteoriche raccolte
sui piazzali, infatti, possono ritenersi potenzialmente inquinate da tracce di oli
lubrificanti, di carburanti, di metalli pesanti e corpi solidi in genere. L’adozione
di vasche a pioggia comporta, anche, una quantità maggiore di fango sedimentabile
da trattare (circa il 20%), di cui è opportuno tenere conto nel dimensionamento
delle varie fasi di trattamento. L’adozione di vasche a pioggia risulta
estremamente raccomandabile quando si ha a che fare con impianti di mediagrande
potenzialità, proprio nell’intento di tutelare quanto più possibile la purezza
del corpo idrico ricettore. Infatti, dalle analisi chimiche delle prime acque
meteoriche non è strano constatare degli elevati valori dei carichi sia organici
che di solidi sospesi. Ciò, in maggior misura, quando la rete fognaria che alimenta
l’impianto è malridotta e/o ha molte zone di ristagno.
Per avere subito un ordine di grandezza del volume delle vasche a pioggia, si
possono seguire le indicazioni fornite dalle indagini del Ministry of Housing and
Local Government inglese, le quali consigliano un volume di vasca di pioggia
pari a 70 litri per ogni abitante allacciato alla fognatura. Gli schemi riportati in
figura 1,5 si riferiscono al caso in cui non si prevedano vasche di prima pioggia.
In tal caso, il controllo delle portate in arrivo è effettuato mediante un semplice
manufatto scaricatore (scaricatore di alleggerimento) che devia verso il corpo
idrico ricettore le portata eccedenti il valore limite ammesso per la depurazione.